STORIA DELLA CITTA' DI ABBIATEGRASSO

L' origine del nome Abbiategrasso ha radici profonde nella lingua celtica e quella latina, che per mezzo di traslitterazioni e crasi portarono al nome odierno. La radice del nome Abbiategrasso potrebbe derivare dal celtico Abia (acqua) + atis (desinenza toponomastica) , per cui la traduzione sarebbe Luogo d'Acqua, nome che avrebbe origine quindi dalle caratteristiche del luogo, poiché Abbiategrasso, oltre a sorgere a meno di una decina di chilometri dal Ticino, sorge sulla cosiddetta Linea dei Fontanili, ovvero il punto in cui tutti i corsi sotterranei che caratterizzano l'alta Pianura Padana riemergono a livello del suolo, formando numerosi rivoli. Il periodo di dominazione romana vide la latinizzazione delle popolazioni presenti sul territorio dell'abbiatense, tra cui la tribù di Galli che ivi era insediata e che prese il nome di Gens Abia o Avia, il cui nome deriverebbe appunto dal celtico. Il nome latinizzato divenne probabilmente Habiate; infatti risale al 1304, in piena epoca medievale, un documento che si riferisce all'abitato come Habiate qui dicitur Grassus, un titolo, quello di grassus, dovuto al fatto che il borgo sorgeva su quella che veniva chiamata la valle grassa, ovvero la valle fertile. Successivamente i due nomi furono uniti e italianizzati nell'attuale nome di Abbiategrasso.La zona dell'Abbiatense, come tutta la pianura padana occidentale, fu abitata fin dall'Età del bronzo da tribù liguri, celtiche o celto-liguri quali gli Insubri, cui seguirono a partire dal IV secolo a.C. le popolazioni galliche provenienti da oltralpe. Un forte impulso alla crescita giunse però solo in epoca romana, come testimoniano i ritrovamenti avvenuti nelle cascine del territorio ed in particolare alla cascina Pestagalla, dove nel 1954/1955 è stata rinvenuta una grande necropoli con 270 tombe di cremati, stanziati in una comunità agricola locale. Gran parte di questi antichi insediamenti sorgevano sulla via mercantile (“Strada Mercatorum”, oggi Strada Mercadante) che scorreva parallela al fiume Ticino. Il Parodi, in una sua relazione sulla storia di Abbiategrasso, sostiene addirittura che nel celebre scontro sul Ticino tra Annibale ed i Romani, genti di Ozzero e di Abbiategrasso avessero preso parte alla battaglia, schierandosi con i celti. L' economia era quindi basata principalmente sull'agricoltura, con la coltivazione di cereali, la produzione di vino e olio e l'allevamento di bestiame. In epoca romana il territorio di Abbiategrasso era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica. Alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il territorio subì le invasioni celtiche, fino allo stanziamento dei Longobardi, e successivamente anche le razzie delle tribù ungare tra la fine del IX secolo e l'inizio del X secolo. Nel 1034 Abbiategrasso era già possedimento dell'arcivescovo di Milano, che fece costruire un avamposto difensivo, distrutto nel 1162 durante la calata in Italia di Federico Barbarossa. Negli anni successivi il borgo si sviluppò non più solamente intorno alla chiesa di San Pietro, ma anche verso sud, dove nei pressi dell'attuale chiesa di Santa Maria Vecchia sorgeva un piccolo castello. Quest'ultimo abitato divenne il principale centro di riferimento, mentre il borgo più antico continuò a crescere con una certa autonomia, ravvisabile urbanisticamente ancora oggi. A partire dal XII secolo, Abbiategrasso passò sotto la direzione territoriale e spirituale della Pieve di Corbetta. Nel 1277 Abbiategrasso divenne parte dei domini del contado della città di Milano, passata sotto il governo dai Visconti, che qui iniziarono una serie di opere per fortificare il borgo, grazie in particolare all'opera di Matteo I Visconti, che esercitò le funzioni di vicario generale per conto dell'imperatore Arrigo VII e di Galeazzo II Visconti che, in coreggenza con i fratelli, ottenne la gestione dei beni che comprendevano, tra gli altri, Vigevano ed Abbiategrasso. Bianca di Savoia, all'atto del suo matrimonio con Galeazzo II, ottenne dal consorte la signoria del borgo di Abbiategrasso e qui prese la propria dimora estiva, all'interno della primitiva rocca esistente in paese. A partire dal 1381 venne eretto il castello visconteo ancora oggi visibile e sempre al XIV secolo risale la citazione documentaria di tre porte cittadine, quella detta "di San Pietro", quella detta di "San Martino" e quella detta "Nuova", il che fa presumere che Abbiategrasso fosse già dotata di un sistema murario articolato. Risale a questo periodo (1373, per concessione della stessa Bianca di Savoia) lo stemma cittadino, quando il borgo ottenne il potere giudiziario. Nel 1405, per far fronte alle spese militari sostenute, il duca Giovanni Maria Visconti vendette per 11.000 fiorini d'oro la terra ed il castello di Abbiategrasso alla famiglia di Giovannolo da Vimercate, insieme a Ubertino da Ghiringhelli, Giacomo da Cardano, Giacomo Biglia e Martino Bianchi da Velate. Questi nuovi feudatari, ad ogni modo, detennero solo per breve tempo i possedimenti di Abbiategrasso, dal momento che nel 1411 la città venne occupata dal condottiero Facino Cane, al servizio di Gian Galeazzo Visconti e poi di Giovanni Maria, prendendo quindi possesso di Alessandria, Piacenza e Pavia. Il feudo tornò ai duchi di Milano, che lo passarono a Beatrice di Tenda, già vedova di Facino Cane e moglie poi del duca Filippo Maria Visconti, la quale soggiornò spesso al castello sino al 13 settembre 1418, quando da qui venne trasportata verso il castello di Binasco, dove venne decapitata per tradimento. Nel 1431 sostò ad Abbiategrasso Bernardino da Siena, ospite del duca di Milano, che lo aveva molto in considerazione. Nel 1450, alla presa di potere da parte di Francesco Sforza che abbatté la Repubblica Ambrosiana sorta dopo la morte dell'ultimo Visconti, Abbiategrasso giocò un ruolo fondamentale: mentre il condottiero Sforza teneva sotto assedio Milano, nell'impossibilità di attaccarla direttamente, decise di prenderla per sfinimento e quindi si accanì su Abbiategrasso dove, secondo quanto riportato anche da Pietro Verrinella sua Storia di Milano, deviò le acque che giungevano ai mulini e privò la metropoli milanese dei suoi rifornimenti esterni di grano. Ad Abbiategrasso, dal suo matrimonio con Galeazzo Sforza nel 1468, risiedette la duchessa consorte Bona di Savoia e sempre qui, nel 1469, nacque il duca di Milano Gian Galeazzo Sforza.

L'ultimo atto di interesse storico nel ducato di Milano riguardante la città di Abbiategrasso risale all'8 marzo 1523, quando il duca Francesco II Sforza donò metà dei propri possedimenti e della rocca della città al nobile Pietro Pusterla, decretando così la fine dell'interesse ducale per la corte abbiatense. Nella primavera del 1524 l'imperatore Carlo V, che aveva ereditato il ducato di Milano alla morte dell'ultimo duca, sconfisse le armate francesi (che vantavano le medesime pretese sul milanese) nella battaglia di Romagnano. Il contingente francese si ritirò nella rocca di Abbiategrasso con a capo l'ammiraglio Guillaume Gouffier de Bonnivet. Abbiategrasso venne cinta d'assedio dalle truppe degli imperiali, che costrinsero i francesi a ritirarsi verso il Piemonte e da li in Francia. Lo stesso imperatore Carlo V entrò in Abbiategrasso il 14 marzo 1533  sulla via per raggiungere e prendere possesso del ducato di Milano. Il Ducato di Milano passò quindi sotto l'influenza e l'occupazione spagnola, che fece dapprima rafforzare le mura e poi demolire il castello di Abbiategrasso, che ormai aveva perso la propria funzione strategica con l'entrata in uso della polvere da sparo. La demolizione della struttura fu ad ogni modo solo parziale: il castello visconteo venne ridotto a semplice casa nobiliare, per poi tornare di uso pubblico a metà dell'Ottocento. Il 30 marzo 1570 San Carlo Borromeo, all'epoca arcivescovo di Milano, decise di erigere la chiesa di San Pietro di Abbiategrasso al rango di parrocchia ed il 2 aprile 1578 la proclamò prepositurale, distaccandola quindi dal secolare legame che stringeva la città di Abbiategrasso e la sua chiesa alla Pieve di Corbetta ed andando a costituire la Pieve di Abbiategrasso, comprendente anche le parrocchie suburbane e di Castelletto Mendosio. Nell'ottobre del 1604 il borgo ricevette in visita pastorale anche il cardinale Federico Borromeo. Nel 1707 Abbiategrasso passò sotto il controllo austriaco, cui restò soggetto fino al 1859, dopo un'intensa attività risorgimentale. Dopo la fine del periodo napoleonico, Abbiategrasso venne coinvolta direttamente negli avvenimenti della Prima guerra d'indipendenza italiana, dapprima accogliendo Giuseppe Mazzini come profugo presso la residenza estiva del nobile Gaspare Stampa e poi con la vicenda del patriota Serafino Dell'Uomo, tragicamente ucciso ad Abbiategrasso ed ivi sepolto. Con il passaggio al Regno d'Italia Abbiategrasso si sviluppò anche dal punto di vista industriale e la sua crescita venne accompagnata dall'edificazione di un ospedale nel 1882, di un imponente cimitero e di nuove scuole. Abbiategrasso divenne capoluogo di un circondario della provincia di Milano. Nel 1869 venne aggregato ad Abbiategrasso il soppresso comune di Castelletto Mendosio. Nel 1870 fu aperta la linea ferroviaria Milano - Mortara, che provocò il declino del trasporto fluviale sui Navigli.  Ad Abbiategrasso fu costruita una stazione ferroviaria grazie al contributo dei commercianti locali, che si autotassarono per far sì che il tracciato della linea ferroviaria passasse per il comune.Il 31 marzo 1932 Abbiategrasso fu insignita del titolo di città.

Abbiategrasso è uno dei pochi comuni rurali che possieda un suo stemma già dal 1400, forse perché aveva ottenuto il potere di emettere sentenze in materia giudiziaria sin dal 1373, per le cause civili, e dal 1437 per quelle penali. Il più antico stemma che si ricordi risale al XV secolo ed è stato rintracciato su un marchio a secco riprodotto su un documento cartaceo in cui si vede San Pietro, antico protettore della città, che sostiene uno scudo in cui campeggia un leone rampante. Il primo stemma a colori della città è stato invece rintracciato su una bolla di papa Paolo III del 24 aprile 1544 in cui è rappresentato un leone rampante di rosso, senza corona, su un campo di colore argento. L'ultima sua trasformazione risale al 1930 quando, variati gli smalti, il leone è stato sormontato da una corona all'antica d'oro.

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